IL CIELO NUOVO
Produzione: Istituto e Museo di Storia della
Scienza, 2004
Progetto e coordinamento: Silvana Barbacci
Testo e regia: Tommaso Correale Santacroce
Con: Filippo Plancher
Costumi: Carmina Moschella
Consulenza artistica e organizzativa: Mirco Artuso
Spettacolo realizzato sia in italiano che
in lingua inglese.
Materiale disponibile:
Presentazione, note
sul progetto (di silvana Barbacci), Note sulla
stesura del testo, scheda tecnica. -
IMMAGINI
English
Estratti dal testo (pdf 130kb)
Il cielo nuovo. Una narrazione poetica sulle scoperte astronomiche galileiane.
“Attorno a me l’universo.
No.
Io nell’universo. Faccio ancora fatica a pensarlo...”
Per la costruzione del testo de
Il cielo nuovo, si è partiti
dagli elementi scientifici descritti nel
Sidereus Nuncius di Galileo
Galilei e dalle sue lettere scritte immediatamente prima e dopo la pubblicazione
del libro. La vicenda perciò, si svolge a Venezia, nel settembre
1610.
Ogni racconto nel testo de
Il cielo nuovo è costruito su
notizie storiche e scientifiche verificate... l’unico elemento inventato
è proprio il personaggio narrante: Merlo.
Merlo è un artigiano del vetro colto ma di modesta estrazione, che
osserva le cose in modo inconsueto. Intreccia in sé lo sviluppo del
pensiero scientifico con quello popolare; e incarna una figura al centro
delle tensioni sociali del tempo.
Merlo è un emarginato per le sue idee strane e per le sue caratteristiche
fisiche: soffre di una leggera forma di epilessia, che non si manifesta
con convulsioni ma lo rende assente per momenti di durata variabile. Ma
all’epoca di Merlo l’epilessia non era ancora conosciuta come
malattia ed era circondata da un alone di mistero e di diffidenza. Nello
spettacolo aleggia senza veramente dichiararsi e così lo spettatore
coglie, se non ne conosce i sintomi, solo dei momenti di dolore e assenza
di Merlo. L’altra caratteristica fisica che Merlo possiede è
invece ben più visibile e anch’essa suscitava sentimenti di
diffidenza: Merlo è mancino. Queste due caratteristiche (una profonda
ma nascosta e non dichiarata, l’altra invece minima ma evidente) fanno
sì che nasca un personaggio dalle idee particolari, proiettato alla
ricerca di un mondo differente, vissuto dal contesto sociale come “strano”,
da non frequentare, o addirittura da annientare.
Si coglie infatti una aggressività dell’ambiente circostante,
verso Merlo, che fa presagire la violenza che il potere della Chiesa qualche
decennio più tardi rovescerà su Galileo.
Nel
Sidereus Nuncius, Galileo annuncia di aver visto la superficie
della luna, non affatto perfetta come era nella cosmologia di stampo aristotelico,
ma scabra e montuosa, “fatta di terra”. Annuncia di aver visto
la miriade di stelle della Via Lattea, e i satelliti di Giove, quattro corpi
celesti orbitanti intorno al pianeta. Questi sono gli argomenti di cui parla
Merlo.
Merlo vuole incontrare Galileo, di cui ha seguito qualche lezione all’università,
e che ha visto a Venezia, nell’arsenale mentre discuteva con i proti,
i capi dei cantieri. Ci riuscirà: sarà un breve incontro,
ma carico di emozione. Dopodiché costruirà egli stesso il
cannocchiale, e il racconto si concluderà con l’osservazione
del cielo, della luna e delle stelle, con grande fascinazione, ma anche
delusione e paura.
“...E ora, luna?
Non ho più quel brivido.
Sono spaventato.
Perché ti ho visto nuda, spogliata della tua veste immaginaria, non
sei più il sole notturno... ma una seconda terra fatta di terra.
Sabbia, roccia, polvere, fango... di cos’altro puoi essere fatta?
Non certo di gocciole d’ambra, o frammenti di vetro colorato.
Non più.
E se la via Lattea è una miriade di stelle, tu sei una terra secca...”
Il cielo nuovo, monologo di 55 minuti, è uno spettacolo
per tutti, anche se , per la complessità del testo, per i ragazzi
si considera come fascia ideale, quella delle scuole superiori.
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Note sul progetto per "Il cielo nuovo"
(testo scritto in occasione della presentazione a Firenze, 2004)
Il cielo nuovo è prima di tutto un progetto culturale che
si concretizza in un’attività sperimentale di comunicazione
sulla storia della scienza di tipo narrativo. E’ prodotto dal Museo
di Storia della Scienza nell’ambito del progetto europeo
Worldview
Network - Cultura 2000, dedicato ai cinque personaggi storici che contribuirono
in modo fondamentale alla costruzione di una nuova visione dell’universo:
Nicolò Copernico, Johann Kepler, Tycho Brahe, Galileo Galilei e Isaac
Newton.
Worldview Network era orientato a creare “prodotti” per la diffusione
della cultura storico-scientifica. In questo senso il Museo di Storia della
Scienza ha realizzato la mostra
Machina
Mundi. Immagini e misure del cosmo da Copernico a Newton aperta
fino al 18 dicembre e l’attività di tipo teatrale,
Il
cielo nuovo.
Il cielo nuovo è dedicato a piccoli gruppi di visitatori
del museo ed è volto a trasmettere, attraverso un linguaggio poetico,
gli elementi fondamentali delle prime scoperte astronomiche galileiane e
il clima culturale in cui avvennero. Nella costruzione del testo (che si
configura in un monologo di 50 minuti), si è partiti da concreti
elementi scientifici descritti nel
Sidereus Nuncius e attinti dalle
lettere di Galileo scritte immediatamente prima e dopo la pubblicazione
del libro (marzo 1610). Si è passati poi a una trasfigurazione poetico-narrativa
che rende peculiare la forma di comunicazione col pubblico.
L’idea iniziale è stata quella di ambientare la scena a Venezia,
nel settembre 1610.
L’autore del testo ha scelto come protagonista un abile artigiano
del vetro, Merlo. Si tratta di un personaggio con una grande capacità
manuale nel costruire lenti, e sufficientemente colto da poter leggere il
Sidereus Nuncius, il libretto stampato a Venezia in cinquecento
copie, che andò immediatamente esaurito, suscitando stupore e curiosità
in tutta Europa per i contenuti rivoluzionari.
Lo stesso libro, insieme a ammirazione, generò forti opposizioni,
proprio perché in esso erano scritte cose nuove, basate sull’osservazione
del cielo attraverso il cannocchiale, che contenevano un potenziale “sovversivo”
in quanto andavano contro il sapere tradizionale. Nel
Sidereus,
Galileo annuncia di aver visto la superficie della luna, non affatto perfetta
come era nella cosmologia di stampo aristotelico, ma scabra e montuosa,
“fatta di terra”. Annuncia di aver visto la miriade di stelle
della Via Lattea, e i satelliti di Giove, quattro corpi celesti orbitanti
intorno al pianeta.
Di tutte queste cose racconta Merlo, dalla prospettiva di un personaggio
pienamente contro-corrente: non appartiene a élite protette, soffre
di epilessia, è molto abile nell’arte della lavorazione del
vetro ma è mancino e “fa le cose a modo suo” e anche
se le fa bene, questo fare a modo suo gli suscita le antipatie di molti.
E’ amico di frate Sarpi, che pur essendo il consulente teologico del
governo della Serenissima, è inviso ai membri dell’Inquisizione,
tanto che, solo tre anni prima, era stato fatto oggetto di un attentato.
Merlo è affascinato dalla figura di Galileo ed è interessato
alla nuova cosmologia. E’ curioso: vuole sapere e soprattutto vuole
incontrare Galileo, di cui ha seguito qualche lezione all’università,
e che ha visto a Venezia, nell’arsenale mentre discuteva con i proti.
Ci riuscirà. Sarà un breve incontro, ma carico di emozione.
Dopodiché costruirà egli stesso il cannocchiale. Lo farà
alla fine del racconto, che si concluderà con l’osservazione
del cielo, della luna e delle stelle. E il finale rimarrà aperto…
Se il cielo è così, se non è più quello perfetto
degli aristotelici, se il sole sta al centro e i pianeti ruotano intorno,
allora perché non cadono su di noi? Perché “stanno su”?
E chi ha lanciato, all’inizio, i pianeti? E quello che si vede attraverso
il cannocchiale, è vero?
Rieccoci dunque al modo in cui è stato realizzato questo progetto.
Partendo, cioè, da pochi, selezionati, elementi “scientifici”,
che sono poi quelli contenuti nel racconto scientifico narrato nel
Sidereus
Nuncius e da un’indagine di carattere storico volta a scendere
nella complessità del clima dell’epoca creatosi intorno alle
scoperte galileiane, con una prospettiva “dal basso”.
La difficoltà del lavoro è stata quella di tradurre tutto
questo in una forma espressiva che potesse arrivare a tutti. Non è
infatti stata fatta alcuna scelta di pubblico a priori (anche se gli appuntamenti
del mattino del ciclo di rappresentazioni sono rivolti alle scuole, dalla
seconda media in su). Si è lavorato, piuttosto, partendo dal punto
di vista che le idee, e il senso, tradotto con cura in forma artistica,
ha una intrinseca potenzialità comunicativa “universale”,
con diversi livelli di possibilità di comprensione e di coinvolgimento.
Il testo, nella sua interpretazione, si presta infatti a molti gradi di
ascolto.
In sostanza, si tratta di un tentativo sperimentale non solo nel fatto di
intrecciare scienza e teatro, ma di far uscire contenuti fondamentali della
nostra cultura (così come fondamentale è stato tutto il processo
di cambiamento di prospettiva che è disceso dal lavoro galileiano
in campo astronomico) per portarli verso tutti noi, individualmente e collettivamente,
che a questa cultura apparteniamo.
Silvana Barbacci - Firenze, ottobre-dicembre 2004
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Note sulla stesura del testo de "Il cielo nuovo".
LA SCENA
È strutturata in tre parti.
La Casa. È caratterizzata da una pedana bassa su cui c’è
una porta, un bacile e uno sgabello. È una casa povera. Qui Merlo
vive lo scontro con la realtà sociale, il confronto fra le sue idee
(comprese quelle ispirate da Galileo Galilei), le credenze diffuse, l’astrologia,
la visione aristotelico-tolemaica del mondo.
La Camminata sui Ceppi. È una sorta di passerella, fatta
di ceppi uniti da ferri, che si srotola fra il pubblico (nello spettacolo
considerato “stelle”) ricostruendo una immagine simile a quella
dei disegni delle costellazioni. I ceppi, mano a mano che si allontanano
dalla Casa, crescono in altezza, dando così l’impressione che
quando Merlo vi cammina sopra, stia passeggiando fra le stelle, salendo
verso un percorso di esplorazione e conoscenza. È uno spazio simbolico.
Il Balcone. La passerella di ceppi si conclude su un balcone veneziano
in ferro battuto. Da qui Merlo guarda l’immensità, si lancia
nelle sue visioni più poetiche e nei racconti più cari, come
quello di quando ha incontrato Galileo Galilei.
IL PERSONAGGIO “MERLO”
Ogni racconto nel testo de “Il cielo nuovo” è costruito
su notizie storiche e scientifiche verificate. L’unico elemento inventato
è proprio il personaggio Merlo.
Merlo è un artigiano del vetro colto ma di modesta estrazione, che
osserva le cose in modo inconsueto. Intreccia in sé lo sviluppo del
pensiero scientifico con quello popolare; e incarna una figura al centro
delle tensioni sociali del tempo.
Merlo è un emarginato per le sue idee strane e per le sue caratteristiche
fisiche: soffre di una leggera forma di epilessia, che non si manifesta
con convulsioni ma lo rende assente per momenti di durata variabile. Ma
all’epoca di Merlo l’epilessia non era ancora conosciuta come
malattia ed era circondata da un alone di mistero e di diffidenza. Nello
spettacolo aleggia senza veramente dichiararsi e così lo spettatore
coglie, se non ne conosce i sintomi, solo dei momenti di dolore e assenza
di Merlo. L’altra caratteristica fisica che Merlo possiede è
invece ben più visibile e anch’essa suscitava sentimenti di
diffidenza: Merlo èmancino. Queste due caratteristiche fisiche (una
profonda ma nascosta e non dichiarata, l’altra invece minima ma evidente)
fanno sì che nasca un personaggio dalle idee particolari, proiettato
alla ricerca di un mondo differente, vissuto dal contesto sociale come “strano”,
da non frequentare, o addirittura da annientare. Si coglie infatti una aggressività
dell’ambiente circostante, verso Merlo, che fa presagire la violenza
che il potere della Chiesa qualche decennio più tardi rovescerà
su Galileo.
IL SIDEREUS NUNCIUS
Una copia del
Sidereus Nuncius Merlo se l’è conquistata
anche con digiuni, e quando la tira fuori dalla sua borsa ne cita molte
parti a memoria. È un libro rivoluzionario, non solo per le cose
che vi sono scritte, ma anche per il modo in cui sono scritte. Un linguaggio
secco, specifico, ma di semplice comprensione, senza fronzoli, organizzato
in sezioni analitiche. Una modalità di scrittura che ancora non esisteva
e che invece diventerà il linguaggio della nuova scienza.
IL CANNOCCHIALE
Pur essendo un costruttore di vetri, anzi proprio di quelle lenti che serviranno
ai cannocchiali, Merlo è troppo povero per averne per sé un
paio. Si trova a consegnarne due al discusso frate servita Paolo Sarpi e
da quell’incontro guadagna di farsele prestare per una notte.
Merlo, per un precedente incontro con Galileo Galilei, sa come costruirsi
un cannocchiale e ne darà prova nella notte in cui riuscirà
finalmente a mettere insieme tutti i pezzi necessari. Così lo vedremo
assemblare un cannocchiale e guardare per la prima volta la Luna e stupire...
IL TESTO DE “IL CIELO NUOVO”
Il tempo dell’azione si svolge di notte, tra una crisi epilettica
di Merlo e un’altra.
Il racconto comincia quindi con Merlo a terra, appoggiato alla porta, che
si riprende e ricuce i fili con la coscienza.
Il testo si apre con:
“Attorno a me l’universo.
No.
Io nell’universo. Faccio ancora fatica a pensarlo...”
Il nucleo, personale e scientifico insieme, è costituito dal tema
della struttura dell’universo, nel periodo di passaggio dal sistema
tolemaico a un nuovo sistema ispirato alla visione copernicana con il sole
al centro del
mondo.
Per Merlo che si riprende, trovarsi sotto gli occhi del pubblico è
come trovarsi sotto lo sguardo di un cielo stellato, e infatti fin dall’inizio,
l’attore si rivolgerà al pubblico come se questo fosse un insieme
di stelle, la meraviglia a cui parlare. Una parte della striscia della Via
Lattea.
Il primo racconto che Merlo fa alle stelle è il ricordo del suo vecchio
maestro del vetro, che gli ha insegnato a leggere e scrivere, che gli ha
raccontato del sistema tolemaico:
“... Faceva dei globi che così bene erano in pochi a saperli
fare, sapete come diceva?
“Più tondi di così li fa solo Colui che sta lassù.
Ne ha fatti dieci grandissimi”
Io ero un bambino: e dove sono? Li posso vedere?
“Sono così trasparenti che non si vedono, stanno sopra di noi,
anzi, attorno a noi”.
...Ma io vedo solo il cielo!
“Ti dico che non si vedono, solo si sa che ci sono perché reggono
le stelle fisse e le stelle mobili, e tutte ci girano attorno”.
Allora dissi: adesso ho capito come fanno a stare lassù senza cadere.
“La Terra sta al centro di globi invisibili chiamati sfere... sulle
prime sette sono attaccate le stelle mobili... più vicina a noi la
Luna, lo si vede bene, poi attorno alla sfera della Luna c’è
quella di Mercurio, poi quella di Venere, il Sole, tutte una dentro l’altra,
e poi ci sono quelle di Marte, Giove e Saturno...
attorno a queste sfere, c’è quella che regge tutte le stelle
fisse... e poi ce n’è un’altra, pensa che grande, chiamata
cristallino...”
E poi?”
E così via, fino al racconto di come per la prima volta sentì
raccontare del sistema copernicano, da ragazzino, consegnando un vaso in
casa di un senatore.
Tutto il racconto di Merlo, essendo calato nella vita quotidiana veneziana
della fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, vede l’apparizione
di personaggi (narrati) legati alla vita politica, economica, religiosa
del tempo: senatori, professori, peripatetici, astronomi e astrologi,
marangoni
(gli operai dei cantieri navali di Venezia, dell’Arsenale) e
proti
(i loro “capicantiere”), frate Paolo Sarpi, Giordano Bruno...
Ogni tanto Merlo parla di sé, delle idee troppo difficili per lui,
che fa fatica a difendere perché non ha gli argomenti, ma a cui crede
per intuizione, speranza, per quel poco di conoscenza che si è fatto
faticosamente.
Il testo va avanti con un racconto legato al suo mestiere. Gli artigiani
che facevano lenti non erano molto importanti: infatti, in una Venezia in
cui ogni mestiere aveva la propria “corporazione” che obbligava
a farne parte se si voleva svolgere quella particolare attività,
per costruire lenti non c’era alcun obbligo: tutti potevano farlo,
perché non era così difficile realizzare delle lenti di scarsa
qualità. L’attività del vetro veneziano era infatti
concentrata sul colore e sulle raffinatezze ornamentali.
Quella che invece si stava concentrando sulla precisione del vetro e sulle
sue applicazioni scientifiche era la produzione fiorentina, dove l’abilità
nel costruire lenti era riconosciuta in tutta Europa; in quel caso effettivamente
la bravura dell’artigiano aveva il suo valore:
“Io sono uno che sa fare le lenti degli occhiali. Bene: come le
fanno a Firenze!
Passo ore e ore a levigare e molare la lente, per dargli la curvatura giusta,
ma so anche come evitare le bolle o le strisce di densità diverse
nel cristallo...
ma qui a Venezia importa poco o niente a nessuno delle mie lenti: vetri
colorati e soffiati, specchi e vasi, ornamenti, ecco dietro a cosa stanno
qui a Venezia!
Merlo! Cosa fai con la tua mano manca! ...Io vengo chiamato solo per
fare lenti...
Ma ho imparato a fare anche altri mestieri... e li so far bene... “mani
benedette” mi dicono... e rispondo: c’è dietro del pensiero!
E infatti quando mi fanno fare una qualsiasi cosa, la faccio a modo mio...
e allora si arrabbiano, anche se è fatta bene, perché... “un
bel giorno a fare di testa tua, Merlo, mi combini un bel guaio!” Ma
è fatta bene... e così solo lenti mi lasciano fare.
...
Si dovrebbero fare vetri sempre più precisi, come fanno a Firenze,
perché il vetro esiste per guardarci attraverso, per essere trasparente!...”
Un altro tema portante, che cuce il testo al di là degli aspetti
più diretti alle scoperte scientifiche, è l’importanza
del “saper fare”, che per i nuovi scienziati, come Galileo Galilei,
ha un ruolo fondamentale nella visione della scienza.
Inoltre, in Merlo, la capacità o la difficoltà a lavorare
spalla a spalla con altri è indice del grado di differenza di approccio,
di modo, di abilità, di visione del mondo, anche si trattasse di
mettere legna al forno per fondere il vetro.
Dopo aver parlato del suo lavoro di costruttore di lenti, Merlo tira fuori
una copia del
Sidereus Nuncius che è riuscito a comprarsi
con fatica e digiuni. Alle stelle recita a memoria la prima parte, dove
Galileo racconta in breve quello che il libro contiene; lo recita in italiano,
non nella lingua in cui è stato scritto, il latino:
“Ah! Il Grande Galileo Galilei! Grande, perché se quest’anno,
il 1610, verrà ricordato come l’anno in cui è cambiato
l’universo, è grazie al suo annuncio astronomico, il suo Sidereus
Nuncius! In latino! Perché così si scrivono le cose importanti.
In questo modo le possono leggere tutti gli studiosi, anche se di paesi
diversi, i religiosi e i potenti... e i ricchi colti e quelli, come me,
che hanno avuto la fortuna di imparare a leggere e scrivere... anche se
poi disgraziati sono rimasti”
Recitando Galileo, Merlo si slancia sulla passerella di ceppi per la prima
volta. Di fronte agli spettatori è il suo primo volo verso il cielo.
Ma nel ritorno verso la porta, a confronto con le meraviglie annunciate,
compie una sorta di riepilogo della fatica e dei contrasti che Galileo,
per queste scoperte, ha dovuto e deve affrontare: le ore notturne passate
ad osservare, le resistenze dei colleghi all’Università di
Padova, i Peripatetici... ma Merlo parla anche delle proprie difficoltà
da comune artigiano a dichiarare idee differenti dal solito, dei papalisti,
del rischio dell’Inquisizione, di quello che è successo a Giordano
Bruno solo dieci anni prima...
Dopo questo “panorama” sulle relazioni scientifiche, politiche
e religiose, Merlo si proietta ad osservare la Via Lattea, per la prima
volta vista come un insieme di stelle: una quantità tale da essere
impossibile contarle. E nella nuova Via Lattea, Merlo inizia a scoprire
il suo Cielo Nuovo.
“Significa che il cielo è tutto aperto, che non siamo chiusi
dentro un grande guscio e che è tutto molto più vasto. Vasto
e possibile!”
A seguire Merlo racconta del suo incontro col frate servita Paolo Sarpi,
con il quale, consegnandogli un paio di lenti, ha avuto modo di parlare
delle qualità del vetro, delle caratteristiche delle lenti e del
modo di vederci attraverso.
“chi può dire se quel che si vede attraverso è veramente
quello che è dall’altra parte? E se lo è, chi può
dire, se non si può fare un confronto, che quel che vede è
uguale all’originale? “
La caduta fortuita di una mela sulla testa di Merlo, lo porta ad una serie
di dichiarazioni che inquadrano, un po’ comicamente, il periodo storico:
le leggi della meccanica newtoniana sono ancora lontane a venire, e Merlo
non trova alcun significato nella mela, se non lo spunto per prendere in
giro gli indovini che da segni del genere immaginano chissà quali
accadimenti.
In seguito Merlo si trova seduto sulla balconata, e in forma intima con
le stelle, fa due racconti cruciali: della prima volta che ha visto Galileo
Galilei (all’Arsenale, in mezzo ai marangoni e ai proti, osservando
le nuove invenzioni della tecnica e studiandone i possibili riflessi sulla
conoscenza) e della volta che è andato a cercarlo per sapere come
era fatto un cannocchiale.
Ed è grazie alle confidenze avute da Galileo in persona che Merlo
riesce a raccogliere i pezzi necessari e a costruirsi un cannocchiale col
quale guardare la luna.
E’ proprio la notte di questo racconto che Merlo può far questo:
vedere la luna con il trasporto emotivo di quando ha letto il Sidereus Nuncius:
“La mia schiena si è coperta di brividi quando ho letto
la descrizione nel libro di Galileo, di quando guardando a lungo nel cannocchiale,
ha visto le ombre della luna modificarsi e svelare l’altezza delle
montagne e la profondità delle valli. Mi sono sentito come colpire
da una febbre e là nella piazza dove mi ero fermato a leggerlo, in
piedi, bloccato dallo stupore di ciò che vi leggevo, là vicino
alla stamperia di Tommaso Baglioni, incrociai lo sguardo di almeno altre
due persone afflitte dalla mia stessa febbre...”
Ma la visione effettiva della luna attraverso il cannocchiale - anche se
nel Sidereus Nuncius si è già letto della sua vera costituzione
– suscita sentimenti non così prevedibili. Qui l’osservazione
e la conoscenza scientifica provocano interrogativi da parte della coscienza
e reazioni di carattere emotivo. E allora, che la luna non sia più
di cristallo, ma di terra, fatta di valli e montagne, può essere
una scoperta meravigliosa ma avere anche qualcosa di inquietante.
Così il racconto si chiude con un Merlo vicino a un’altra crisi,
sconvolto dall’aver constatato la realtà dell’annuncio
astronomico di Galileo, felice di poter pensare ad un nuovo universo dove
lui sia come gli altri lanciato nello spazio, e non più il reietto
Merlo, ma insieme anche spaventato da questa possibilità, tanto da
temere uno scherzo o una autoillusione. La felicità e la paura di
un mondo possibile.
Tommaso Correale Santacroce - Milano, ottobre 2004
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Scheda tecnica dello spettacolo "Il cielo nuovo"
IL CIELO NUOVO è uno spettacolo con un attore e un tecnico luci,
strutturato a pianta centrale.
Necessita di uno spazio oscurabile o all'aperto in luogo protetto da luci
indesiderate e rumori (ad esempio un chiostro). Lo spazio interessato dalla
scena è di 12 metri per 4 metri con almeno 3 ½ metri d’altezza.
Il pubblico, il cui numero non dovrebbe superare le 100 persone, verrà
posizionato lungo i due fianchi della scena (vedi fotografia). Preferibilmente
su livelli differenti (pedane per la seconda o terza fila e/o cuscini per
la prima fila).
Si richiede una pianta dello spazio dove verrà allestito lo spettacolo,
almeno 20 giorni prima dell’andata in scena.
Lo spazio dove avverrà lo spettacolo dovrà essere disponibile
dalla mattina del giorno dell'andata in scena.
L’impianto luci richiede una disponibilità di 6Kw.
L’impianto fonico richiede una linea a 220 v separata da quella delle
luci.
È necessario un camerino per l’attore, con bagno e acqua calda,
dove possa cambiarsi, lavarsi e prepararsi.
È necessario uno spazio (3mq circa) dove stivare al sicuro le scatole
e gli attrezzi per l’allestimento.
Si richiede un tavolino (100x50 circa) e una sedia per il tecnico luci.
La durata dello spettacolo è di 55 minuti. È disponibile un
promo in DVD di 15 minuti.
Nell’immagine, lo spazio scenico allestito.
Si noti la posizione delle sedie rispetto all’area occupata dalla
scena (qui 60 posti)
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